ed-mc-bainTratto dal racconto “Le Ore Vuote” di Ed Mc Bain, 1960

Alle prime luci dell’alba, la città è irriconoscibile.

È una donna, naturalmente, e il tempo non potrà mai cambiare questo fatto. Si sveglia come una donna e tocca titubante il giorno, stiracchiandosi con uno sbadiglio e un sorriso, le labbra prive di rossetto, i capelli arruffati, caldi di sonno, il corpo opulento, qualcosa di fanciullesco nell’aspetto mentre il sole tinge l’orizzonte, inondandola del primo tepore.

Si veste in stanze ammobiliate di cadenti bassifondi, e si veste negli attici signorili e negli innumerevoli appartamenti che gremiscono gli edifici di Isola, e Riverhead, e Calm’s Point, nelle case che fiancheggiano le strade di Bethtown e Majesta, trasformandosi in una donna diversa, elegante ed efficiente, attraente ma non sexy, curata e raffinata, l’aria abile e competente di chi non ha tempo per le cose futili: l’aspetta una lunga giornata di lavoro.

Alle cinque si verifica una metamorfosi. Non si cambia d’abito, questa città, questa donna: indossa lo stesso vestito o lo stesso tailleur, le stesse scarpe coi tacchi alti o le stesse ciabatte, ma qualcosa penetra in quell’immacolata conchiglia, uno stato d’animo, una disposizione, una tendenza occulta. È una donna diversa quella che siede nei bar o nelle sale da cocktail, che si rilassa nei patios o sulle terrazze che coronano i grattacieli; una donna diversa, dal sorriso pigramente invitante, i lineamenti stanchi, un’espressione impenetrabile sul viso e negli occhi; solleva il bicchiere, ride sommessamente: la sera siede con aspettazione sulla linea dell’orizzonte, il cielo si inonda del color porpora della fine della giornata.

Di notte, diventa “femmina”. Abbandona la sua raffinatezza e diventa femmina. Smessa l’eleganza e la meccanica abilità, diventa un po’ sventata e un po’ coccolona; accavalla le gambe con noncuranza, si lascia cancellare il rossetto dalle labbra con un bacio e si mostra sensibile al tocco delle mani maschili sul suo corpo; diventa dolce, invitante e miracolosamente istintiva. La notte è un momento femminile, e la città non è altro che una donna. E nelle ore vuote dorme, e non sembra più lei.

Alla mattina, si sveglierà un’altra volta e toccherà l’aria stendendo le braccia, fra uno sbadiglio e un sorriso soddisfatto sulle labbra prive di rossetto. Avrà i capelli scompigliati, e da questo la riconosceremo: l’abbiamo vista spesso così.

Ma ora lei dorme; dorme in silenzio, questa città. Qua e là nei palazzi della notte, si accende un occhio… si apre, si richiude… silenzio. Lei riposa; e, nel suo sonno, noi non la riconosciamo. Il suo sonno non è come la morte, perché ci è possibile udire e percepire il mormorio della vita tra le lenzuola tiepide. È una strana donna che noi abbiamo conosciuto intimamente, amato appassionatamente; adesso, è rannicchiata sotto le coperte, e la nostra mano accarezza la sua anca armoniosa. Possiamo sentire la vita che scorre in lei, ma non possiamo conoscerla.

Al buio, è priva di volto e di lineamenti: potrebbe essere qualsiasi città, qualsiasi donna, in qualsiasi posto. La tocchiamo con esitazione. Si è avvolta nella nera camicia da notte del primo mattino, e noi non la conosciamo. È un’estranea, e i suoi occhi sono chiusi.

***

Un testo ammirevole, in cui il grande giallista americano Ed Mc Bain traccia un parallelo tra la Donna e la Città.

Sicuramente per scriverlo non è andato in overdose di content copywriting o tecniche di scrittura persuasiva, o tantomeno di PNL.

Quando il “genio” ce l’hai, non hai bisogno di imparare.

Magari sei tu a insegnare.

Ma allora non ti chiamano “content manager”, ma semplicemente Maestro.

Spero di non aver violato i diritti d’autore o di riproduzione di nessuno, data la funzione puramente celebrativa di questo post,

Nel caso qualcuno ritenesse il contrario, l’articolo sarà prontamente rimosso.